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illustrazione |  IL GRANDE FREDDO

"La prima volta che vidi Enzo De Giorgi", in occasione della pubblicazione de "Il grande freddo", marzo 2017

di Claudio Lolli

 

La prima volta che vidi Enzo fu a Bari, era venuto ad un mio concerto. O meglio ad uno dei miei concerti, quelli un po' scalcagnati, quelli in cui tutti possono e vogliono mettere le mani. Mi esibivo davanti ad un mio grande manifesto di vent'anni prima, con dubbio gusto dell'organizzatore. Infatti quell'accoppiamento provocò nel pubblico una reazione di ilarità ma anche di piccolo sgomento, come dire: Dunque anche lui sta morendo? Dopo il concerto, che fu un successo, mi si avvicinò un ragazzo alto, esile, con una chioma d'artista. Mi disse che adorava le mie canzoni e che ci stava lavorando sopra. Come? Tirò fuori un libretto in cui comparivano dei disegni che rappresentavano me e il fido Paolo in varie situazioni, comunque tutte tra la tragedia ed il ridicolo, proprio come era stata quella serata. Me lo lasciò dopo essersi presentato: Enzo, Enzo De Giorgi. Lo considerai subito un regalo prezioso e lo ringraziai caldamente, tanto che ritornò e ritornò e ritornò tante volte che diventammo amici. Io avevo notato nel suo lavoro sia la maestria tecnica che la stima e l'affetto che aveva per me che subito condivisi. Oggi lo siamo ancora e Enzo mi ha fatto quest'altro gran regalo: le meravigliose tavole che accompagnano " Il grande freddo" e che non si separeranno mai da lui. Del resto nemmeno io da Enzo. Grazie.

 

Claudio

IL GRANDE FREDDO

“…tutte le previsioni lo annunciavano da tempo, ma noi non ci volevamo credere e invece alla fine arrivò…”

Claudio Lolli

 

Questo disegno riprende l'immagine di copertina, ma qui Claudio, con la sua chitarra, è in piedi ed ha gli occhi aperti. Sembra l'unico capace di guardarsi intorno, di annusare l'aria che tira... di capire dove "questo autobus" ci sta portando. La scena è sempre quella dell'interno di un mezzo pubblico pieno di gente distratta, ma qui, dentro e fuori, interno ed esterno si confondono come il reale e il virtuale. Gli altri passeggeri sono immersi nelle loro cuffie, nei loro smartphone, in una tecnologia capace di avvicinare persone lontanissime e di allontanare chi ci è accanto.

 

LA FOTOGRAFIA SPORTIVA

“… tutto era fermo e immobile e dovevamo documentare, fotografare quell’assenza di movimento, perché la cosa ci stupiva, ma sapevamo anche che non potevamo…”

Claudio Lolli

 

Quando Danilo Tomasetta mi inviò la versione demo di questo brano, l'introduzione musicale mi ricordava molto la colonna sonora di "Nuovo cinema Paradiso". Pensavo all'influenza che il mondo cinematografico ha avuto, fin dal titolo, a questo album e di come, viceversa, le parole di un testo possano dare vita a nuove immagini.

 

Inizialmente per questo pezzo immaginavo la scena di una collina ripida con due auto che si incrociano, una in salita e l'altra in discesa lungo la stessa strada curva, ma con stile di guida diverso, come metafora di vita e morte... Ho abbandonato quest'idea perché non restituiva il senso poetico di una scena con figure sospese in un fermo immagine.

Ho quindi immaginato una fotografia sportiva, di quelle che solitamente immortala il campione sospeso nel vuoto mentre centra un canestro o il volo di un portiere che para un rigore... ma in un'ambientazione completamente diversa, in una scena di vita quotidiana, mentre si lavora, si cucina, si balla o ci si abbraccia.

L'idea dell'automobile l'ho inserita ugualmente, accanto a un pianoforte che affiora dal terreno (o che sprofonda?). Pensando ad una macchina, pur ignorandone il colore, mi sono ricordato che Claudio, in una pagina del suo romanzo autobiografico "Lettere matrimoniali" faceva riferimento ad una sua vecchia Citroen, di quelle che quando si metteva in moto si alzava da dietro sulle sospensioni... e così quel semplice e anonimo oggetto, nel mio disegno, è diventato un pezzo del suo passato, il simbolo di una vita vissuta, di viaggi e di spostamenti.

400000 COLPI

“… quel mondo ci avrebbe bastonato, ci avrebbe fatto sentire impazziti, fuori luogo, come gente che batte la testa nei coperchi…”

Claudio Lolli

 

In questo brano il riferimento cinematografico al film "I 400 colpi" di Truffaut è esplicito sia nel titolo che nella citazione della scena finale, in cui il protagonista corre verso il mare e lo raggiunge, finalmente, come un traguardo insperato. Il testo evoca molte immagini: il ricordo della nostra casa, la nebbia, le colline... il tempo passato dell'amore, il tempo presente e il tempo sicuro della morte, quello che "chiude tutte le porte"... Io ho immaginato quest’ultimo percorso, dove le varie fasi della vita sono porte da attraversare. All'uomo spetta la scelta della soglia da varcare, fino al raggiungimento dell'ultima meta, come quando arriva al mare Jean-Pierre Léaud...

 

NON CHIEDERE

“… non potevamo chiedere a questo mondo immobile, glaciale ed ostile un senso, una gioia…”

Claudio Lolli

 

In tanti hanno riconosciuto in questo disegno un fermo immagine di Claudio Lolli, di spalle, con la custodia della sua chitarra, nel video della cover di "Ho visto anche degli zingari felici" di Luca Carboni e Riccardo Sinigallia.

In effetti mi piaceva molto quell'inquadratura e l'ho presa in prestito cambiandone però il significato: qui Claudio è fermo, lungo quei binari senza vita e il treno che prendeva coi suoi "compagni" non arriverà. Non so quanto sia voluto o casuale, ma quel "treno pieno di amici miei" di cui parla il testo a me ha evocato la famosa scena dello scherzo alla stazione del film "Amici miei", facendomi pensare ad un clima di allegra complicità ormai perduta in cui non potrà più "schiaffeggiare" la borghesia che affolla i treni delle nostre vite.

GLI UOMINI SENZA AMORE

“… e non è facile vivere una vita senza amore, dovunque tu sia…”

Claudio Lolli

 

Pieni e vuoti. Alte colline e strapiombi da cui emergono agitate onde marine. La solitudine di letti singoli che popolano gli spazi e il tempo. Un uomo guarda l'orizzonte dove, in lontananza, intravede tra la nebbia, altri esseri soli, altre anime disperse. L'uomo ha sotto il braccio un foglio su cui c'era disegnato un cuore... ma oggi quella parte del disegno non c'è più e al suo posto rimane solo un foro, un buco, il segno di una parte mancante, di un'assenza... a forma di cuore.

UN PRIGIONIERO POLITICO

“… si rischia si sentirsi sempre prigionieri, anche senza aver commesso nulla…”

Claudio Lolli

Forse è l'immagine più riuscita dell'Artwork. Le sbarre della prigione "mentale" sono degli alberi, delle semplici betulle che in realtà non possono ostacolare fisicamente il nostro passaggio. Ma la nostra prigionia non è fisica, è politica, ideologica. La chiave per uscirne ci sarebbe, è quella dell'omologazione, ma dichiarandoci "prigionieri politici" sappiamo che quella chiave, così accattivante con le sue promesse di "finte libertà", non la useremo mai. Abbiamo la nostra piccola valigia con tutto ciò che ci basta per sopravvivere e la chitarra per una serenata al balcone di chi vorrà ascoltare... Quella che vedete spuntare (o sprofondare?) là in fondo è la Poderosa, la moto di Che Guevara... e poi le bandiere rosse, sempre più lontane, sventolano come fiamme ancora vive... ma per quanto?

 

Posso azzardare un altro riferimento al cinema? Nella mia avventura grafica del Grande Freddo, così come nel video del brano omonimo, ho inserito, in quasi tutte le illustrazioni, degli oggetti-simbolo semi-sepolti o abbandonati come se fossero i ruderi di altre civiltà. Emergono o sprofondano dal/nel terreno: un pianoforte, una motocicletta, un sassofono, una chitarra... simboli di musica, di libertà, di un glorioso passato che il "grande freddo" ha congelato ed emarginato forse per sempre. L'ho fatto inconsciamente, senza riferimenti apparenti. Poi l'illuminazione di un ricordo nascosto: nella scena finale di un film che avevo guardato e riguardato da ragazzo, proprio per la rivelazione di quella scena finale, ho trovato la risposta. Nel film del 1968, "Il pianeta delle scimmie", Taylor scopre i ruderi della Statua della Libertà che affiorano dalla spiaggia; la statua parzialmente sepolta dalla sabbia svela la triste verità: questo pianeta "alieno" e inospitale altro non è che la Terra. Evidentemente nei millenni trascorsi, l'Uomo ha distrutto sé stesso e si è decimato a causa di una guerra nucleare che ha distrutto la civiltà e sterminato gli umani facendo però evolvere le scimmie. Il film finisce quindi con una celebre maledizione di Taylor contro la sciagurata Umanità: «Voi uomini l'avete distrutta! Maledetti, maledetti per l'eternità, tutti!»

 

SAI COM’È

“… te lo ricordi Giovanni il partigiano? Quanti colpi ha preso? Eppure era lì, in quel brivido caldo…”

Claudio Lolli

 

Della storia del partigiano Giovanni Pesce e della Nori/Sandra ci sono molte documentazioni e pubblicazioni. Quello che fa Claudio è diverso. Non celebra le imprese dell'eroe contro i nazifascisti, ma i momenti di tenerezza verso la sua "compagna". E io l'ho immaginato lì Giovanni, col suo fazzoletto rosso al collo, col fucile non più puntato sul nemico, in una notte stellata di un'estate di montagna, in un momento di tregua, mentre medita pensando a frasi d'amore da dedicare alla donna amata.

 

PRINCIPESSA MESSAMALE

“…ci sono tante principesse, meraviglie del mondo e della natura, che si sentono così, prigioniere di qualche cosa…”

Claudio Lolli

 

_Buongiorno principessa!!!_ gridava Benigni ne "La vita è bella" alla sua sposa, anche se lo scenario in cui si muoveva non erano le stanze di un castello, ma gli spazi tragici di un lager. Ecco un'altra immagine cinematografica che mi ha accompagnato nell'inquadrare il disegno per una delle mie canzoni preferite di questo album. Chissà se anche Claudio ha pensato a questo film mentre la scriveva. Questo brano Lolli lo dedica alla moglie, ma forse parla anche della propria vita, della sua condizione umana e sociale... e per resistere chiede aiuto ai fili di rame e ai fulmini di un "migliore temporale" che, gli possano dare forza ed energia... come quando il dottor Frankenstain riportava in vita la sua "creatura" (altro film!). L' immagine della mia principessa invece è ambientata all'imbocco della tangenziale; ha tolto i tacchi e ricambia ad occhi chiusi l'amore ricevuto, donando un fiore che ha colto dal suo vestito... come il dono di una parte di sé... In secondo piano regna sul paesaggio il ponte della tangenziale, che ci riporta alla mente le atmosfere e i personaggi di "Extranei", un disco in cui forse già iniziava a soffiare forte il vento freddo dell'indifferenza.

 

RAGGIO DI SOLE

“…e noi siamo qui adesso, guardiamo un po' dalla finestra che cosa sta succedendo là fuori, poi ci penseremo...”

Claudio Lolli

 

Nel film del 1976 "Il deserto dei tartari", più volte citato dallo stesso Lolli come un possibile spunto di lettura del suo stato, il tenente Drogo trascorre tutta la sua vita alla fortezza Bastiani, al confine col deserto, dove è stato mandato in missione, nell'attesa vana di una minaccia che si concretizzerà proprio nel momento in cui, anziano, stanco e malato, dovrà abbandonarla per sempre. La fortezza di Claudio è un posto dove può ancora condividere il suo mondo, lontano dal grande freddo che c'è là fuori. Un raggio di sole però entra dalla finestra e illumina i protagonisti di quest'avventura musicale di una luce inaspettata. Nel disegno ho immaginato la bella presenza femminile, capace di risvegliare impulsi che sembravano estinti, il vecchio cane Rocky 2, Claudio e i suoi musicisti sorpresi dal raggio di sole che scioglie il gelo che li circonda. Fuori, il sole sta provando anche a liberare dal ghiaccio i simboli di libertà della loro vita, della loro musica.

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